Il limite crea curiosità

Articolo della dottoressa Paola Scalari, psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG.

I bambini fanno domande poiché non possono rinunciare a comprendere la realtà che li circonda e la realtà che li abita interiormente. Si vedono esclusi dal sapere e desiderano entrare nel caos del mondo, a se stessi e agli altri per dar loro un ordine, conoscere e conoscersi.
È dunque il sentimento di estromissione che muove – in modo naturale – il bisogno di poter dominare l’ignoto attraverso l’anelito verso la conoscenza.


Il porre domande è un modo spontaneo per avvicinarsi al sapere. l’uomo non può sottrarsi al desiderio di capire. Si chiede «Perché succede?» e da questo stato d’animo nascono altri quesiti alla ricerca di relazione tra eventi.
Quando i bambini smettono di chiedere, sia verbalmente che agendo sui loro interrogativi esistenziali, significa che stanno male, non si sentono motivati ad andare oltre, e hanno paura di ciò che non sanno.
I bambini sani infatti sentono il bisogno di comprendere cosa succede nel mondo esterno che, immanente, li circonda; e nel mondo interno che, prepotentemente, li agita. Le loro domande cercano risposte a eventi inspiegabili e a sentimenti incomprensibili. I bambini di ieri e di oggi, così come tutti gli esseri umani del passato e del presente, non possono fare a meno di porre e porsi quesiti che li aiutino a spiegarsi il rapporto tra vita e morte, tra notte e giorno, tra essere umano ed essere umano. Gli interrogativi possono trovare una diversa veste linguistica, semantica, simbolica, ma sono sempre domande esistenziali.
Questo atteggiamento può essere inibito da una sofferenza psichica dovuta all’onniscienza e onnipotenza che crea uno stato d’animo narcisistico equivalente all’idea «il mondo sono io». Può insorgere quando gli adulti non sanno trasmettere al piccolo una sana idea del limite, oscillando tra il non porlo per non perdere il suo amore e il definirlo in maniera rigida per salvaguardare se stessi. Il limite, come barriera, corrimano e confine, viene allora negato dal bambino che, se non contenuto, non si sente un fiducioso esploratore e che, se mortificato, si vergogna della sua sete di sapere.
Il piccolo allora si sente sperso in un universo minaccioso, a causa di eventi naturali, o degli stati emotivi di chi gli sta accanto. Questa sensazione trova un falso riparo in un sentire onnipotente e onnisciente che fa venir meno la sete di conoscenza, il piacere di ricercare la verità. La mente del bambino si chiude in una roccaforte narcisistica dentro la quale non entra nulla e dalla quale non esce nessun interrogativo.
La paura vince sulla curiosità. Ogni limitatezza viene negata. Ogni energia spesa per evitare di sentirsi ignoranti. L’altro viene assimilato a sé per poterlo sentire conosciuto, dominato. Le domande non possono venir formulate. Neanche quella basilare per uscire dall’impasse: «Mi puoi aiutare?»
Se viene meno il bisogno di cercare la verità, una persona si ammala, poiché non si procura cibo per la mente. Chi crede di possedere la verità vive nell’illusione di sapere tutto.
Nel bambino il segnale di questa sofferenza comporta un’inibizione della sua sete di conoscenza. Egli non fa più domande perché non tollera che lì fuori ci sia qualcosa o qualcuno che non riesce a controllare. Spesso se non comprende cosa gli succede e cosa accade attorno a lui può dapprima porre i suoi quesiti a parole e, se non riceve risposte, incarica il suo corpo di manifestarle.
Alla fine se la parola e il corpo non sono compresi, si ritira nel suo mondo e diventa inaccessibile. Chi gli sta accanto allora nota menefreghismo, apatia, prepotenza, ma non riesce facilmente a capire che il piccolo si sta chiedendo se qualcuno lo abbia messo al mondo per occuparsene e ci tenga a lui.
Quelle che il bambino sofferente non sa più porre sono domande sul senso della vita.
Per questo i bambini di oggi, più sofferenti di quelli di ieri perché sottoposti al peso di dover gratificare gli adulti che si occupano di loro, possono inibire la sete di sapere.
Gli adulti li vogliono già capaci e bravi, e il bambino per non deluderli cerca di mostrarsi all’altezza delle aspettative. Rinuncia alla possibilità di esprimere ciò che lo inquieta, o è incomprensibile, attraverso degli interrogativi che denuncerebbero il suo essere un individuo limitato. Non cerca più di dare risposte
all’ignoto. La sua parola si fa slogan stereotipato, il suo disegno performance estetica, il suo comportamento appare in una dimensione ripetitiva.
Ma durante gli anni dell’età evolutiva non tutto tace.
Il bambino possiede una vasta gamma di possibilità con cui interrogare il mondo e quindi li usa per narrare le sue inquietudini e incertezze.
Acquisisce via via sempre più padronanza della lingua attraverso la quale nascondere, ma anche chiedere spiegazioni verbali.
Cerca da solo le sue risposte attraverso il segno grafico, il gioco, l’arte del creare oggetti simbolici.
Il mondo esterno, con i suoi eventi inattesi, con il suo inarrestabile mutare, crea sentimenti interiori come paura della perdita, senso di esclusione, che, a loro volta, hanno bisogno di spiegazioni. Ogni religione ha avuto questo compito dalla notte dei tempi. Ogni bambino, anche ai nostri giorni, cerca di costruirsi una filosofia esistenziale dandosi risposte sul senso delle relazioni tra le persone e le cose.
Se ha degli adulti accanto chiede loro di aiutarlo in questo compito, per poter capire la relazione tra sé e il mondo esterno, per non sentirsi in balia degli eventi.psi

[continua la prossima settimana

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BIBLIOGRAFIA

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Educare i ragazzi al rispetto delle regole, Molfetta, La Meridiana.

Berto F. e Scalari P (2008), Contatto, la consulenza educativa ai genitori, Molfetta, La Meridiana.

Berto F. e Scalari P (2009), Padri che amano troppo:
Adolescenti prigionieri di attrazioni fatali, Molfetta, La Meridiana.

Berto F. e Scalari P (2011), Mal d’amore: Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative, Molfetta, La Meridiana.

Berto F. e Scalari P (2013), Il codice psicosocioeducativo:


Prendersi cura della crescita emotiva, Molfetta, La Meridiana.

Berto F. e Scalari P (2013), Parola di bambino, il mondo visto con i suoi occhi, Molfetta, La Meridiana.

Berto F. e Scalari P (2016), In classe con la testa, Molfetta, La Meridiana.

Scalari P (1997), I sì e i no, Roma, Armando.

Scalari P (a cura di) (2012), A scuola con le emozioni, Molfetta, La Meridiana.

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