Io sono potente

Dio dorme

Ebbene sì. Dio può essere assente.  Giobbe, infatti, è stanco. È in mezzo all’uragano della propria vita. Giobbe ha perso tutto in ricchezze, affetti, salute e Dio sta a guardare. Dio sembra dormire. Ma a un tratto parla. Nella prima lettura di oggi, Dio rompe il silenzio e, fra i venti di tempesta interiori ed esteriori in cui Giobbe oramai dimorava, afferma la sua potenza. Con forza Dio ricorda a Giobbe che Lui è onnipotente e nulla sfugge al suo controllo. Eppure nei fatti, fino a quel momento, continuava ad apparire a lui e, oserei dire, a noi il grande assente.  

Così nel Vangelo, Gesù, Dio, mentre i discepoli sono spaventati per l’alzarsi delle onde e tremano per la paura di morire, lui cosa fa? Dorme, a poppa, su un buon cuscino. Dio, Gesù, nel vangelo è con i suoi discepoli nella tempesta ma sembra non curarsi né di essa né di loro. Gesù dorme, sereno, nel mezzo della tempesta degli uomini. 

Ma è proprio così? Davvero Dio è così incapace di empatia o c’è dell’altro?

Dio è potente

Con Giobbe c’è dell’altro. Un insegnamento che Dio vuole donare o ridonare al suo amato Giobbe. Giobbe è stanco e, forse, Dio di più, ma non di lui, ma delle sue lamentele. Siamo verso la conclusione del Libro di Giobbe, gli ultimi capitoli. Di Giobbe ci si ricorda soprattutto per la sua pazienza, tanto da diventare uso comune la frase: “bisogna avere la pazienza di Giobbe” appunto. Sì, perché nonostante le tantissime prove, la molte perdite affettive e familiari che ha vissuto, nonostante le grosse privazioni economiche che ha subito nella sua vita, Giobbe, comunque, non ha smesso di confidare in Dio, di rivolgersi a lui come un figlio, anche se nelle sue domande, nei suoi dialoghi con il suo Dio, pur rimanendo a Lui fedele, Giobbe comincia a dubitare, a sospettare della sua potenza, sulla sua presenza, sul suo dito che fosse ancora capace di generare qualcosa di nuovo, di bello, di vero per lui. 

Qui è chiesto a Giobbe un grande atto di consapevolezza e rinnovata fedeltà: Dio è potente, è l’Onnipotente.

Al capitolo 38 del Libro di Giobbe, da cui è tratta la prima lettura, Dio sbotta e comincia a ridestare la memoria del suo eletto con delle domande, oserei dire, incalzanti: chi ha chiuso il mare, luogo del male per eccellenza? Chi ha messo le porte a esso affinché non infrangesse le sue onde sulla terra? Chi ha posto il limite? Con queste domande Dio risveglia la memoria di Giobbe ricordandogli chi è il suo Dio, il Dio potente, il Dio presente, il Dio amante. 

Come a dire: Giobbe, ricordi chi sono? Sai chi ti ha plasmato? Chi ti ha amato, desiderato, cercato, protetto?

È come se Dio ci chiedesse, tu sai chi sono io? E non lo chiede per spaventare Giobbe, ma per ridestarlo e ridestare la memoria: Dio è potente, è l’Onnipotente. E se conosciamo chi è Dio, comprendiamo che non dobbiamo temere, non dobbiamo arrabbiarci se Dio sembra assente o che dorma perchè Lui desidera il nostro bene, la nostra gioia e la nostra pace anche se ora proviamo dolore e angoscia.

È come se fra le righe, attraverso le fessure della Parola Dio ci dicesse: “Io sono il tuo Dio colui che ti ama, ti salva, ti perdona, ti cerca, ti cura, perché io sono Dio, il tuo Dio. Allora non temere la notte, non aver paura della solitudine. Continua ad avere fiducia in me”. 

Io sono potente

Passare all’altra riva, di notte, prendendo Gesù sulla barca. La vita dell’uomo è sempre una attraversata in mare di notte e, spesso, nella tempesta. Se una persona desidera amare nella propria vita deve mettere in conto un passaggio continuo all’altra riva, una disponibilità interiore a cambiare la propria posizione per amore, anche se di notte e nella tempesta perché Gesù è sulla nostra stessa barca.

Nel ascoltare questo vangelo non possiamo, però, dimenticare il vangelo di domenica scorsa che lo precede. Si raccontava che il contadino dopo aver seminato il seme che dorma o vegli il seme a un certo punto il seme, da solo, germoglia ed esplode di vita in pianta, in fiore e, infine, in frutto.

Qui Gesù, Dio, il Santo contadino, dorme.

Con questa aiuto del vangelo di domenica scorsa il Vangelo di oggi assume dei tratti di straordinaria bellezza e potenza. Gesù è il contadino che dorme. La barca e il mare sono la terra dove i discepoli sono i semi seminati nel buio della notte in tempesta con tutta la fatica della paura che diventa muro da superare per crescere e portare frutto. Come il seme che deve spaccare la scorza dura per germogliare e rompere la compattezza della terra per arrivare alla luce così i discepoli.

C’è un dormire di Dio che non è abbandono ma fiducia nel seme perchè ha tutto quello che serve per donare, crescere e portare frutto.

Chissà forse Gesù dorme perchè è ben consapevole che i discepoli hanno in sé la forza necessaria per superare ogni tempesta ma… non hanno fede, non tanto in Gesù, ma in se stessi.

Forse quella domanda: non avete ancora fede? la possiamo trasformare così.

Tu che sei mio discepolo ha in te tutta la potenza dello Spirito necessaria per superare ogni tempesta della vita devi solo imparare a crederci e fidarti non solo di me, che sono il tuo Dio, ma anche di te stesso.

Non dimentichiamo che siamo chiamati a manifestare la potenza di Dio.


dettagli dell’opera qui

https://igiornidelrischio.com/arte/


le letture le puoi trovare

qui

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