Tante domande, un solo quesito

Articolo della dottoressa Paola Scalari, psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG.

Una domanda su tutte ha il predominio. I bambini vogliono sapere l’origine della vita. E intuiscono che essa ha a che fare con la sessualità che lega madre e padre.

Scoprire quel legame misterioso è il loro intento.

Magari le prime domande le pongono succhiando tutto con la bocca o guardando cosa ci sia dentro a un giocattolo. Esplorare gli oggetti, rompendoli, non è un’attività distruttiva, bensì una ricerca di conoscenza.
Se l’ambiente esterno sa accogliere questo innato bisogno di scoprire cosa ci sia dentro alle cose, e ai corpi, il bambino s’inoltra verso il piacere della conquista del sapere; se invece il contesto umano non educa questo anelito, il piccino devia questo bisogno verso l’assenza di ogni curiosità.
Il bambino che non fa domande ha rinunciato alla gioia di scoprire il mondo, ha perso la speranza di conoscere l’Altro. Se l’Altro non esiste il bambino non deve accettare la sua incompletezza.
È dunque il sapersi limitati che alimenta il desiderio di conoscenza. È questa consapevolezza infatti che sviluppa la necessità di porre domande senza ritenere di possedere già tutte le risposte. Sapere di più rappresenta il cibo per la mente. Qualche bambino invece inibisce questa sua sete di conoscenza poiché teme il suo non sapere già.

La differenza tra chi è rinchiuso in se stesso e chi invece è sempre in ricerca si colloca nel diverso campo emotivo nel quale il bambino è immerso.


Il contesto relazionale è formato dagli adulti che s’interfacciano con il piccolo, ed è colorato emotivamente dai vincoli che intercorrono tra loro. Primo fra tutti il legame tra i genitori.
Quando il rapporto tra la madre e il padre del piccolo è saldo – al di là della forma che ha la loro coniugalità – il bambino sente che c’è un Luogo dei grandi dove questi vivono esperienze dalle quali lui è estromesso. L’esclusione genera una sana frustrazione che trova riparo nella ricerca di sapere, anche essendo indiscreti.
Il Luogo proibito è simbolicamente rappresentato dalla camera dei genitori o meglio dalla loro relazione sessuale. l’unione feconda dei corpi e il Luogo segreto dove tutto questo succede generano la rabbia dell’esclusione. Il piccino che sperimenta questo Luogo come spazio dove insediarsi e sottomettere alla sua volontà madre e padre, arriva a credere di essere riuscito a dominare il mondo. Diviene allora più impegnato a controllarlo per non perdere questo privilegio che a conoscerlo per imparare ciò che non sa.


I genitori che vivono confusi con il figlio vanno strutturando un abuso psichico che annichilisce il bambino togliendogli il piacere di crescere.


La linea di confine del legame genitoriale, dunque, funge da limite che genera la curiosità che, si esprime nel fare domande.


Saranno poi i legami tra adulti educatori a rimettere in scena questo stato emotivo basato sull’esclusione da qualsivoglia intimità libidica basata sulla eccessiva confidenza, sul contatto fisico, sulla mancanza di dissimmetria, sull’assenza di una linea di rispetto reciproco.
Sono quindi i limiti, compreso quello di essere piccolo e non quindi alla pari con i grandi, che creano nel bambino l’ansia di andare oltre inducendolo a porre quesiti per sapere ciò che sanno i maestri di vita.


l’esclusione spinge il bambino a crescere per diventare come mamma e papà, per scoprire i misteri dei grandi, per poter stare nel posto degli adulti. Per farlo però ogni bambino ha bisogno di essere aiutato a sentirsi piccolo e non per questo da meno, di sapersi ignorante e non per questo svalutato, di viversi come incapace e non per questo umiliato.


L’adolescenza lo trova quindi pronto a farsi le domande cruciali: «Da dove vengo? Dove vado? Chi sono?» Sono le voci interne, provenienti dagli atteggiamenti di tutti gli educatori incontrati negli anni precedenti, ad aiutare ogni ragazzo a trovare – stavolta da solo -le sue risposte.
Le consapevolezze così acquisite inoltrano il giovane nella vita di coppia dove, il non dare per scontata la conoscenza del partner, rappresenta la via maestra per la crescita. Infine con il divenire famiglia questi uomini e queste donne hanno la possibilità di trasmettere ai figli il loro desiderio di conoscere chi sia il loro bambino non dandolo mai per scontato.


E la catena intergenerazionale familiare, arricchita dall’incontro con educatori capaci di valorizzare l’atteggiamento di ricerca, diviene per ogni individuo fonte di salute psichica.

[continua la prossima settimana] 

http://www.paolascalari.eu/

paolahttps://www.edizionilameridiana.it/blog/

BIBLIOGRAFIA

Berto F. (1997), I bambini vanno a scuola, Roma, Armando. Berto F. e Scalari P (2004), Adesso basta ascoltami:

Educare i ragazzi al rispetto delle regole, Molfetta, La Meridiana.

Berto F. e Scalari P (2008), Contatto, la consulenza educativa ai genitori, Molfetta, La Meridiana.

Berto F. e Scalari P (2009), Padri che amano troppo:
Adolescenti prigionieri di attrazioni fatali, Molfetta, La Meridiana.

Berto F. e Scalari P (2011), Mal d’amore: Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative, Molfetta, La Meridiana.

Berto F. e Scalari P (2013), Il codice psicosocioeducativo:


Prendersi cura della crescita emotiva, Molfetta, La Meridiana.

Berto F. e Scalari P (2013), Parola di bambino, il mondo visto con i suoi occhi, Molfetta, La Meridiana.

Berto F. e Scalari P (2016), In classe con la testa, Molfetta, La Meridiana.

Scalari P (1997), I sì e i no, Roma, Armando.

Scalari P (a cura di) (2012), A scuola con le emozioni, Molfetta, La Meridiana.

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