Siamo pellegrini, non stare fermo…
Gesù era diventato un profeta itinerante o, detto più semplicemente, un PELLEGRINO. Un uomo che non smetteva mai di camminare tanto che i discepoli e la folla a fatica gli stavano dietro. Lo seguono, lo rincorrono perché vogliono ascoltarlo. Del resto Gesù portava con sé il segreto di Dio, l’Amore per gli uomini e il desiderio di salvarli e non ha tempo per fermarsi troppo su un posto solo. Deve camminare, cercare nuova gente, nuove persone, nuovi uomini e donne bisognose della sua parola, del suo sguardo di benedizione, del suo tocco che guariva.
Ancora oggi cammina in mezzo a noi e con noi, ci guida, ci tocca, ci parla e ci cura attraverso la nostra Chiesa: catechismo, incontri di preghiera, eucaristia, messa, formazione, incontri. Così i discepoli, la folla, gli stranieri, i bisognosi devono sempre mettersi in cammino perché Gesù cammina continuamente.
Ogni domenica siamo chiamati a camminare, a convertirci, a seguire la sua parola dove essa ci porta, a non stare fermi. Anche noi siamo chiamati a coltivare e custodire lo spirito del pellegrino, ad annunciare il vangelo dove viviamo così come esso viene seminato nel nostro cuore. “Chi si ferma è perduto”- si dice. Già perché chi sta fermo non segue più il Signore, chi non cambia posizioni, chi non allarga gli orizzonti rompendo i pregiudizi che porta nel cuore è perduto e cade sotto la “maledizione”, il “Guai a voi” del Vangelo di oggi, che è stato posta nel nostro cuore pochi minuti fa.
Gesù alza gli occhi
Così il Signore Gesù cammina. Dal monte dove aveva trascorso la notte a pregare il Padre e chiamati i dodici, scende giù in un luogo pianeggiante e si ferma forse perché voleva riposare un po’, forse per donarsi alla folla dei suoi discepoli e alla moltitudine di genti. E alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva. E l’imperfetto diceva ci annuncia un’azione ripetitiva, che continua tutt’ora, che arriva a noi, che sarà per sempre, come a dire Gesù non smetterà mai di dire e ora parla a te!
Gesù parla in modo folle
Già, Gesù, oggi, parla in modo folle. Dice al povero, all’affamato, all’afflitto, all’odiato, a colui che piange, al deriso e all’insultato di rimanere in pace, di non temere, di gioire perché è già Beato ora, e per sempre, nella vita eterna. E non solo ma a coloro che sono ricchi, sazi e felici annuncia un bel “Guai a voi” perché non godranno del Regno di Dio, della vita eterna. Se questo non è un parlare folle, da pazzo! I discepoli potevano gridargli: Sei pazzo, Gesù… sei pazzo!
Ma è il nostro Signore che parla e il nostro Gesù non è pazzo! Allora, com’è possibile?
Le beatitudini sono tali perché c’è Gesù. Sono tali se rimaniamo aggrappati a lui. Nessun male, nessuna lacrima, offesa o persecuzione, nessuna malattia e povertà è bene in sé, non sono da cercare. Tutto ciò che è brutto e ci rende brutti, tristi, non viene da Dio ma può renderci beati ad una sola condizione, – difficilissima – che lo viviamo a causa del Figlio dell’Uomo.
Ogni lacrima, morte, offesa e tradimento, anche il peccato, può essere colmato della presenza di Gesù.
Tutte queste situazioni le possiamo vivere con Colui che tutto ha sopportato per noi. Non siamo soli, perché c’è Lui e se c’è Lui siamo beati. Come se Gesù ora ci annunciasse: “Beato te che ora piangi per paura, per dolore, per offese, per malattie perché io sono con te e insieme puoi godere i frutti della mia presenza: pace, amore, perdono, consolazione.
Beato te che sei nel peccato perchè vieni a me a chiedere perdono: la mia misericordia ti accoglierà e tu gusterai la grazia del mio amore che perdona”.
Per chi invece si ritiene ricco, sazio da escludere Dio dalla propria vita arriva come una maledizione, il Guai a te del Vangelo di oggi. Gesù ci mette in guardia che una vita vissuta lontana da Lui non è indifferente, ma porta certamente delle conseguenze per la nostra vita eterna, ma pure nell’oggi: raccoglieremo i frutti del nostro vivere senza Dio, prima o poi dovremo fare i conti con questa parola.
Cari fratelli e sorelle accogliamo l’invito della parola a camminare dietro al Signore rendendolo presente in ogni nostra situazione. Ogni nostro patire e gioire sia consegnato nelle Sue mani, perché tutto di noi divenga beatitudine e allora anche noi saremo ricchi, sazi e sorrideremo ma a causa del Figlio dell’Uomo, del Signore Gesù che ci vuole pieni di gioia: in fin dei conti siamo già il popolo dei risorti, dei redenti.
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