Tra terra e mare

Il tempo ordinario sorprende. Dio si ravvede

Un giorno Giona, il profeta, riceve da Dio la grande chiamata della sua vita: andare a Ninive, popolo di peccatori, per dire loro che se non si fossero convertiti entro quaranta giorni, Dio avrebbe distrutto quella città.  A questa missione, Giona non ha un reazione di entusiasmo, anzi cerca di fuggire. Giona non voleva credere che Dio, il suo Dio, avrebbe potuto distruggere una città se non si fosse convertita. E così scappa, cerca di andare lontano da Dio, di non farsi trovare, come se fosse possibile, e non fu così. Giona mette a rischio la sua vita e la vita di chi condivide ignaro la sua fuga. Allora si arrende, va a Ninive, annuncia l’ultimatum di Dio e il popolo che fa? Obbedisce! E obbedendo, accade qualcosa di straordinario per Giona e per la visione che Giona aveva di Dio. Il Dio, severo e giusto, il Dio vendicatore contro il popolo peccatore, il Dio delle dieci piaghe d’Egitto, del terremoto, del fuoco, questo Dio che Giona aveva in testa e nel cuore: si ravvede. 

Forse il cuore di tutto il libro di Giona sta in questo verbo: ravvedersi.  È un verbo potente. Una parola ricca di sfumature perché porta nel suo “grembo” tre parole “re” – “ad” – “videre”.  “Re” sta per indietro, ripetere, ritornare sui propri passi, voltarsi; “ad” rivela il movimento, non è un semplice girarsi, ma è uno spostamento ampio, non solo di tutto il corpo, ma di tutta la persona nella sua integrità; “videre”, che significa guardare, vedere in profondità. Ravvedersi è il movimento di voltarsi indietro e vedere dentro le situazioni, nelle cose, andare oltre la superficie delle cose. È un cambiamento integrale, non un semplicemente girarsi, è un cambiare punto di osservazione, cambiare luogo. Dio cambia integralmente e, osservando il popolo che chiede perdono, si muove a misericordia verso di loro.    

Quanto ci costa cambiare alcuni giudizi che possiamo avere su noi stessi, o su gli altri, o su Dio? Quanto siamo disponibili a ravvederci e assumere un atteggiamento di cambiamento umile, fosse anche a costo di non essere coerenti con le nostre posizioni prese in precedenza? 

Il tempo ordinario nasce. Il tempo è compiuto

E questo tempo, secondo l’evangelista Marco è un tempo compiuto. In Luca si legge “si compirono per lei (Maria) i giorni del parto. Diede alla luce il figlio”. Il regno di Dio è nella logica di questo compimento. È come una nascita di un figlio e quando questa avviene, quest’esperienza prende tutte le nostre attenzioni, tutti si rivolgono a lui, tutti si convertono a quel bambino senza fatica, senza paura, ma con gioia, con prontezza, con desiderio. Credo sia bello e doveroso ricordarci che per un discepolo del Signore convertirsi e credere al Vangelo significa proprio questo: non un peso, non una fatica, non una scelta faticosa da fare, ma qualcosa di bello, di gioioso. È nato il Regno? Io devo accorrere, baciarlo, conoscerlo, farlo crescere, condividere questa felicità con gli altri. 

Che bello sarebbe se coltivassimo nel cuore questi atteggiamenti verso il regno, se accogliessimo la conversione con la stessa gioia con cui si abbraccia una nuova vita. Allora tutto, anche la fatica del discepolato diventerebbe una festa, così com’è una festa quando, nonostante la stanchezza, si guarda gli occhi del figlio e lo si ama e questo amore basta e guarisce.

Il tempo ordinario chiama dove non si dovrebbe. Passando lungo il mare

Il tempo ordinario è frastagliato di chiamate perché colmo di Dio, gravido del nostro Dio. Il tempo è una continua partoriente che lascia lo spazio per la manifestazione di Dio che amando chiama. Mi colpisce sempre questo Gesù che chiama i primi discepoli sul lungo mare. Come ben sappiamo il lungo mare è quella parte di “terreno” che non è né terra, né acqua; è una mescolanza, è in movimento, e solitamente si rischio ad affondare se si rimane immobili.  Gesù ci chiama e soprattutto ci chiama nelle sabbie mobili della nostra vita, quando non sappiamo bene da quale parte stare, quando il rischio è cadere nel mare (= male), anziché scegliere la stabilità della terra, simbolo della fecondità, della vita, della comunità. 

Qui, in queste nostre lotte, in questa melma, Dio ci chiama e ci salva. Dentro qui, sul lungomare delle nostre vite, Dio si fa presenta e cammina con noi. 

video commento alla Parola di Dio

2 risposte a "Tra terra e mare"

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  1. La vita a volte ti pone dentro a una palude,
    da dove non sai come uscirne…e allora proprio in quel tempo ti aggrappi, ti aggrappi…e Dio ti sorprende.
    Ti sembra quasi incredibile che proprio a te, per te… Dio ti sta sollevando,
    e dal buio che eri rinasci!
    Grazie! Don Vanjo

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