La parola
Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getzèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. E disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!». Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: «Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora? Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò una seconda volta e pregò dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà». Poi venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti.
Li lasciò, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Ecco, l’ora è vicina e il Figlio dell’uomo viene consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».E mentre egli parlava ancora, ecco Giuda, uno dei dodici, arrivò, e con lui una grande turba con spade e bastoni, mandati dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo.Or colui che lo tradiva aveva dato loro un segnale, dicendo: ‘‘Quello che io bacerò, è lui; prendetelo’‘.E in quell’istante, accostatosi a Gesù, gli disse: ‘‘Salve, Maestro!’‘. E lo baciò caldamente.E Gesù, gli disse: ‘‘Amico, cosa sei venuto a fare?’‘. Allora essi, accostatisi a Gesù, gli posero le mani addosso e lo presero.
Matteo 26, 36-50
Gli uccelli notturni cominciano il loro canto.
Il cielo plumbeo attesta che ci sarà
un tempo, la fine di un tempo
e, poi, finalmente – un inizio.
I suoi passi si muovono nuovamente,
dopo il riposo della cena.
Sui piedi le briciole di colui che si fece
pane e vino e sangue e corpo di pane.
I tre discepoli, i cuori del suo cuore, – gli intimi e gli ultimi –
lo seguono a distanza.
Odorano, anch’essi, di pane spezzato
e dalla loro veste
è sparso nutrimento al creato che non voleva
si arrivasse a tanto, che tanto si chiedesse,
ma che da tempo bramava mangiare di lui,
da sempre.
Tutto è così lento.
Solo Giuda precipitosamente
si appresta a realizzare quell’intima prossimità,
così ferita e così, maledettamente, perfetta.
Ogni cosa, ogni rumore è ovattato
dall’abbraccio della neve che calpesto
– io, l’ultimo e l’intimo –
e incontro lo sguardo di lui,
il suo sudore, il suo dolore, il suo odore di pane.
Tutto è così lento.
Mi chino, mi fermo, osservo:
ha mani immerse nella terra – cercano il seme piantato –
ginocchia impolverate dal deserto
– parole sbriciolate che si fanno cuore –
braccia che abbracciano e occhi neri, pronti, caldi.
Tutto è così lento.
Una lacrima piomba a terra.
I notturni volano via, le volpi si nascondono nelle tane,
ma i discepoli – no –
loro si addormentano
e io, – l’ultimo e l’intimo –
lì con lui, con il suo sguardo, con il suo profumo
e le sue briciole fra le mie dita
a intravedere.
Sento battere il ferro freddo della vita,
il suo metallo ricompone nuove forme,
più belle, più dolci,
profezia di un tempo, della fine di un tempo e, poi,
dell’unico, vero e desiderato inizio.
Gli ulivi suonano all’andirivieni del vento,
allargano il tronco
perché la corteccia possa bruciare e placare
il gelo, sciogliendo la neve
che c’è intorno e,
un poco più in là, i discepoli – gli ultimi e gli intimi –
dormono sotto il peso
della paura.
In lontananza, catene sbattute
su pietre inerti che si fan testimoni del suono,
della voce, del tradimento,
della follia e dell’amore.
La fretta
– tutto è così lento –
sbatte le finestre delle case, i piedi incalzano
sul suo corpo e le labbra calde di Giuda
lo baciano come non
lo avevano mai fatto:- le stelle del cielo, dove sono andate
le stelle del cielo? -.
E una voce grida: è spento il respiro!
Anche tu, Gesù, baciato come Mosè, nella sua fine:
Lui da Dio per abitare il cielo,
Tu da Giuda per essere precipitato nell’oscurità,
nel cuore del cuore del male.
E una voce grida più forte: è spento il respiro!
Ultimo e intimo rimango in ascolto
delle catene e delle urla dei soldati
per non perdere il passo
e non smarrire la via.
Scorgo nuove briciole di pane,
nuovo amore in questo
passo lontano dal Padre.
Il ferro e la vita, le catene e il corpo,
il freddo e il fuoco, il bacio e il bacio.
Intimo e ultimo, mi bacio le dita
per non perdere il sapore sulle labbra della sua carne,
per non dimenticare l’amore,
per vedere e gustare la fragranza del pane.
È tutto così lento.
E una voce piange: è spento il respiro?
Grazie don Vanio per tutti questi spunti di riflessione che ci dai. Sono bellissime le tue poesie! Buona giornata!!!!!!!
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