Chi è l’uomo? Chi sono io?
Geremia ci offre tre verbi e tre caratteristiche che ci potrebbero aiutare a rispondere. I tre verbi: conosciuto, consacrato e stabilito. Prima ancora di nascere noi, agli occhi del nostro Dio e creatore, siamo già conosciuti, consacrati e stabiliti.
Conosciuto. Come a dire che Dio ci ha visti e quindi conosciuti e la conoscenza di Dio non è mai disinteressata: è una conoscenza del cuore e quindi di amore. È come se Dio ci dicesse: Prima che tu nascessi io ti ho amato. Chi sono io? Sono l’amato di Dio.
Consacrato. La parola consacrare significa rendere sacro. Quando noi dobbiamo dire che una cosa o una persona è importante diciamo per me è sacra, ossia non si può toccare, rovinare, rompere. Chi è l’uomo secondo Dio, chi sono io? Sono il “sacro” di Dio, sono così importante che non solo mi ha amato, ma mi ha reso sacro, mi ha messo da parte perché nessuno possa farmi del male, possa spezzarmi.
Stabilito. Chi è l’uomo? È una creatura stabile, solida, ferma, corretta. Così siamo stati pensati e creati: amati, consacrati, stabili.
Città – Colonna – Muro perché Io sono con te
Geremia non si accontenta di offrirci tre verbi, ma poi continua dicendo a che il consacrato del Signore, che è anche l’uomo battezzato è una città fortificata, una colonna di ferro e un muro. Chi è l’uomo? L’uomo è una creatura fatta di relazioni stabili, vere e forti (città); la colonna è il simbolo della presenza di Dio, che si presenta al popolo di Israele come una colonna di fuoco per guidarli. Chi è l’uomo? È una guida che sta alla presenza di Dio, è segno della presenza di Dio in mezzo agli uomini; infine il muro: per dire che l’uomo è chiamato a difendersi dal male, da tutto quello che gli impedisce di vivere secondo l’amore di Dio.
Tutti gli davano testimonianza e tutti si riempirono di sdegno
Meraviglia – Ordinarietà – Desiderio di uccidere
Poi, gli ebrei si rendono conto di quello che Gesù ha detto: Tutto è compiuto e subito comincia un secondo momento: screditare Gesù: “Non è figlio di Giuseppe?”, no, non è possibile, questo è uno di noi, è un misero falegname, conosciamo la sua famiglia, non può essere l’unto, il Cristo, il Messia atteso.
Gli ebrei attendevano, da generazioni la potenza del Messia, arriverà con forza, si farà sentire, e con Lui torneranno i dispersi di Israele e, invece, c’è questo falegname che dice: tutto è compiuto. Gesù è troppo banale. Nessuna schiera potente al suo cospetto, niente.
Nessun grido, nessuna tromba, niente!
Nessuna musica celeste, niente!
E siccome gli occhi erano fissi su di lui, gli occhi di tutti d’un tratto si riempiono di banalità, della quotidianità, almeno convocava tutti di giovedì, niente, di sabato, di suo solito, assolutamente ordinario!
Tutto normale, nel tram tram di ogni giorno, si compie la salvezza del mondo e questo era uno scandalo troppo grande e cominciano a screditarlo.
Gli ebrei attendevano miracoli, come ha fatto a Cafarnao, almeno questo come segni della sua potenza… ma niente.
Ammazziamolo
All’udire queste cose tutti furono pieni di sdegno… dall’entusiasmo unanime, si passa allo scredito e dallo scredito si passa al desiderio di ucciderlo: lo condussero sul ciglio del monte per gettarlo giù dal precipizio.
In pochissimi versetti abbiamo l’esperienza di fede di un discepolo:
entusiasmo, la tentazione della banalità,
dell’abitudine, dell’ordinarietà delle fede,
delle solite cose,
e il desiderio di ammazzarlo.
Sono tre passaggi fondamentali del rapporto con Gesù: arriva il grande slancio, poi arriva la quotidianità, l’ordinaria amministrazione, la siccità interiore nel rapporto con Dio e la sola fedeltà, e si comincia a screditare Cristo, la sua parola, la sua chiesa e poi lo si butta fuori perché altre cose sono più importanti.
La domanda da portarci a casa: quel è lo stato della nostra fede, del nostro rapporto con Gesù? Siamo nell’entusiasmo, nello slancio?
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