seconda parte
di Paola Scalari . Docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia e supervisore alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG Istituto di Milano e di Tecniche di conduzione del gruppo operativo nella consociata ARIELE Psicoterapia di Brescia. http://www.paolascalari.it
La paura di non risultare idonei a stare al mondo diviene allora bisogno di trasformarsi in un manifesto parlante che propaganda la propria specialità. Tatuaggi e percing sono il segno distintivo per parlare di sé e del valore che si dà al proprio corpo. L’esagerazione nell’uso di questi strumenti che dipingono e perforano la pelle è proporzionale alla paura di non essere ammirati. La presenza di educatori capaci di vedere anche oltre le apparenze diviene pertanto l’unica via per rassicurare questi giovani infelici che vagabondano nella vita in cerca di uno sguardo a cui appigliarsi per non sprofondare nel nulla. Se gli educatori, siano essi i familiari o gli insegnanti, non vedono questo terrore che deforma il corpo e la mente dei ragazzi, lasciano soli gli adolescenti. I giovani allora s’inoltrano sempre più prepotentemente in antri bui dove diviene difficile raggiungerli per calmare le loro ansie. Angosce che spesso alleviano da soli attraverso l’uso di sostanze. Abusare dell’alcool o delle droghe è dunque l’ansiolitico per non essere spaventati dalla vita che, non più protetta dal mondo adulto, risulta impossibile da affrontare da soli.
Molti ragazzi cercano di calmare questa paura di non essere visti cercando sollievo nella rete. Il numero dei “like” di Facebook, o ancor più dei cuoricini di Instagram, diviene allora la quantificazione del poter piacere. Se ricevere approvazione nel digitale calma la paura dell’invisibilità sociale, il terrore di non essere considerati ricompare incessantemente divenendo sempre più spaventoso. Ed ecco che la paura di non venir premiati per i propri post e foto fa scattare il desiderio di ottenerne sempre di più. Allora i ragazzini esagerano nel postare scene sessuali o violente. Addirittura le creano appositamente per divenire, attraverso il canale you tube, dei casi virali dove il successo nella rete gonfia l’insano narcisismo di questi giovanetti e placa il loro terrore di non essere apprezzati. Il bisogno di piacere può a questo punto indurre a crearsi false identità con le quali navigare in rete e presentarsi al mondo attraverso immagini sempre più attraenti. I fotomontaggi sessuali qui la fanno da padroni, le provocazioni genitali diventano scenari porno, la seduzione erotica sfiora la prostituzione. Gli adolescenti vendono i loro corpi per venir rassicurati che possono essere desiderabili. Il sesso diventa merce di scambio poiché in rete i giovani non cercano la soddisfazione erotica quanto la conferma narcisistica. L’affettività matura, la sessualità dialogante e la tenerezza gioiosa spariscono lasciando spazio al terrore di non poter approdare ad una vita erotica relazionale. Allora con il sesso ci giocano. Oggi tra loro va di moda il bisessuale poiché non scegliere l’identità di genere li risparmia da processi luttuosi che implicano la perdita del poter avere ed essere tutto. E così copulando in maniera indifferente con maschi o con femmine calmano più la paura di non piacere che il desiderio di sentirsi amati. E il “tromba-amico” diviene il soggetto con cui condividere rapporti sessuali privi di ogni implicazione amorosa. L’amore fa paura alle nuove generazioni. L’amore sessuale, che coniuga passione e protezione, implica infatti l’assumersi la responsabilità di un rapporto. L’amore è ricerca di scambio, contatto, intimità con l’altro che richiedono uno sforzo di penetrazione ed accettazione che mette in gioco la possibilità di piacere o meno. La paura del fallimento li fa allora vivere una sessualità tiepida, ma rassicurante. Qualcuno decide anche di non esporsi per niente e si chiude nelle sue camerette e vive lì dentro in contatto solo con il mondo virtuale. Con gli amici in rete si può giocare, chiacchierare, fare sesso senza esporsi a quel mondo reale che risulta così incerto e spaventoso. Gli Hichimoro sono adolescenti che si aggrappano alla rete per non sprofondare nella loro paura del contatto diretto con gli altri. Spesso il primo segnale di questo non poter affrontare il giudizio del mondo esterno lo esprimono non volendo più frequentare la scuola. La classe, basata sulla competizione, fa quindi fuori quei ragazzi che temono di essere dei perdenti nella gara per l’affermazione di sé. Molte volte insegnanti ignari finiscono per aumentare la rabbia dei loro allievi. I ragazzi sfidano perché si sentono giudicati ingiustamente, denigrati con supponenza, svalutati con sadismo, disconosciuti senza speranza di riscatto. E questi bambini che non riescono a crescere vivono talmente male il sentirsi feriti che fronteggiano il crollo narcisistico con una furia violenta. Si potrebbe dire che attaccano il corpo sociale. Ecco allora che il terrore di non valere li rende bulli incalliti pronti a massacrare chiunque faccia loro paura in quanto, a loro modo di vedere, risulta un perdente. Far male agli altri diventa un modo per sentirsi superiori a chi si teme valga di più. Il diverso non è ammesso perché rappresentante di un se stesso che si teme venga inviso, rifiutato e, in quanto tale, privato di ogni possibilità di successo. Il diverso, sia esso di un’altra razza o con uno stile di vita differente, sia esso un omosessuale o un disabile, va attaccato. Omofobia, violenza di genere, presa in giro dei deboli, ideologie razziste sono lo scudo che i ragazzi si costruiscono per ripararsi dalla paura di non essere dei vincenti. Alle volte la strada della devianza diviene la via per riunirsi in bande ed eleggere un nemico comune. Le baby gang sono allora un contesto condiviso per farsi coraggio e dimostrare che si è forti.
L’adolescente che attacca se stesso o gli altri quindi lo fa per non essere divorato da quei terrificanti mostri fantasmatici che abitano la sua esistenza. L’abbandono, il rifiuto, la mancata capacità di separarsi, il vuoto esistenziale, il senso di vulnerabilità alimentano questi mostri.
È allora la presenza quella che sana queste paure.
È all’atteggiamento del mondo adulto di fronte alle crisi adolescenziali che possiamo pertanto rivolgere il nostro sguardo per capirli e aiutarli a superare le loro paure. [1]
Adulti che lo siano veramente, dunque, si preparano a resistere agli urti del giovane senza crollare sotto le sferzate degli adolescenti che li attaccano, svalutano, denigrano, contestano. Essere maturi, infatti, significa aver superato il bisogno di consenso. Se invece l’adulto ha una mente adolescenziale egli stesso vive quell’insano bisogno di approvazione a tutti i costi che caratterizza i ragazzi. Cerca allora obbedienza per sentirsi potente piuttosto che testimoniare la responsabilità che nasce dall’essere stati ascoltati e ascoltare.
Se anche gli adulti perciò vivono la paura di soccombere il mondo relazionale dove gli adolescenti costruiscono la loro identità non può che essere un luogo pieno di tensioni, inquietudini e angoscia.
Paola Scalari è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista ed esercita a Venezia.
Docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia e supervisore alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG Istituto di Milano e di Tecniche di conduzione del gruppo operativo nella consociata ARIELE Psicoterapia di Brescia. http://www.paolascalari.it
[1] P. Scalari, L’ascolto del paziente, la meridiana Molfetta 2018
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