Un paese di nome: Lontano!

Il vangelo di oggi ci impone a porci due gruppi di domande. Il primo riguarda il nostro rapporto con Dio Padre: che tipo di figlio, discepolo, sono? Che immagine di Dio mi sono fatto? E quale Dio mi viene offerto dalla pagina biblica di questa domenica? Il secondo gruppo riguarda i rapporti orizzontali: che rapporto ho con i miei genitori? Con mia madre, mio padre? E con i miei fratelli di sangue, carne della mia stessa carne? Che rapporti sto instaurando?

Per rispondere a queste domande offro alcune chiavi di lettura per metterci in ascolto del vangelo di oggi.

Chi è il figlio che se ne va via? 

È il figlio minore ad andarsene e lo fa in un modo veramente tragico quasi uccidendo il padre. Il figlio se ne va, infatti, chiedendo al padre di dividere la parte del patrimonio che gli spettava e il padre divide le proprie sostanze. Il padre non ha diviso il terreno o la casa, non ha diviso le sue proprietà. Il padre divise le sue sostanze, ciò che era vitale per lui, sostanziale per la sua stessa vita. In questa richiesta e in questo gesto c’è tutto il dramma di un figlio che con le parole e le scelte decide, in nome della propria libertà, di uccidere ogni relazione affettiva con il padre, di prendergli le sostanze, di spartire l’eredità come fosse già morto e il padre per amore del figlio sceglie di farsi privare della vita, di essere trattato da morto e lo lascia andare. 

Perché se ne va via?

Non è esplicitato nel testo ma possiamo pensare che voglia mettersi alla prova. Forse il giovane aveva fame di una felicità che non riusciva ad assaporare in casa.  La storia del figlio, poi, la conosciamo bene. Il figlio minore lontano dal padre, nella sua assoluta libertà sciolta da ogni limite, dimentica chi è, non sa più di essere figlio, perde la sua identità, uccidendo il padre uccide sé stesso, non a caso il padre dirà: questo mio figlio era morto ed è tornato in vita -, e così torna. Il giovane parte e fa naufragio, il libero ribelle diventa schiavo. Eppure nel momento in cui la notte è più profonda, lì comincia a spuntare il giorno: «allora rientrò in sé stesso: io qui muoio di fame». E inizia il viaggio di ritorno. Non torna per amore, torna per fame. Non perché è pentito, ma perché la morte gli cammina a fianco. Cercava un buon padrone, non osava ancora, cercare un padre: «trattami come un servo». (E. Ronchi)

Chi è il padre?

È un uomo che ha saputo amare fino in fondo. Un uomo che ha permesso al figlio di andarsene perché lo amava e lo amava liberamente. Certamente lo ha lasciato andare con il cuore a pezzi, con l’angoscia di un genitore che vede il proprio figlio uscire di casa senza aver compreso quanto amore aveva per lui e in forza di questo amore lo lascia libero di scegliere. Il padre non giudica il figlio, non fa domande, in silenzio lo lascia partire, ma c’è un particolare, dice il vangelo: quando era ancora lontano il padre lo vide e gli corse incontro

La parola LONTANO ci rivela come il padre non aveva mai smesso di attendere il figlio, da lontano lo vede perché sempre rimaneva a guardare e un giorno accade e corre, lo abbraccia, non lo sta neppure ascoltare. 

Possiamo quasi affermare che il nome del paese in cui il figlio è andato ha nome LONTANO ed è lo stesso “LONTANO” che il padre vede all’orizzonte. Sembra che l’evangelista Luca voglia annunciare e rivelare che il padre, Dio, non aveva mai perso di vista quel figlio, il suo sguardo era sempre rivolto a quel paese LONTANO e lì corse appena lo vide riavvicinarsi. Un padre che amava liberamente il proprio figlio da lasciarlo andare a esercitare la propria volontà, ma che allo stesso tempo mai lo ha perso di vista, mai lo aveva dimenticato, mai aveva smesso di vegliare e vigilare su di lui.

Poi , la frasetta che il figlio minore si era preparato a memoria: Padre…non sono più degno di esser chiamato tuo figlio, per il padre non aveva alcuna importanza e compie il gesto che ridona la memoria: mettetegli l’anello al dito. Certamente era l’anello della famiglia. Per il padre quel figlio non aveva mai smesso di essere figlio. Un Padre che è il racconto del cuore di Dio: lascia andare il figlio anche se sa che si farà male, un figlio che gli augura la morte. Un padre che ama la libertà dei figli, la provoca, la attende, la festeggia, la patisce. 

“Un padre che corre incontro al figlio, perché ha fretta di capovolgere il dolore in abbracci, di riempire il vuoto del cuore. Per lui perdere un figlio è una perdita infinita. Non ha figli da buttare, Dio. Un padre che non rinfaccia, ma abbraccia; non sa che farsene delle scuse, perché il suo sguardo non vede il peccato del figlio, vede il suo ragazzo rovinato dalla fame. Ma non si accontenta di sfamarlo, vuole una festa con il meglio che c’è in casa! E non ci sono rimproveri, rimorsi, rimpianti. Un Padre che infine esce a pregare il figlio maggiore, alle prese con l’infelicità e tenta di spiegare e farsi capire ma non ci riesce”. (E. Ronchi)

Il figlio maggiore 

Il classico bravo ragazzo, sempre a casa, servizievole, pronto a servire, attento, presente… ma la sua reazione al ritorno del fratello rivela che il figlio maggiore in fondo viveva in casa come fosse un servo dice: ecco io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando. Il figlio maggiore amava il padre come uno schiavo ama il proprio padrone. E il padre va verso di lui e lo prega: che gesto meraviglioso di amore, di libertà, di umiltà! In conclusione il padre per un momento era senza figli: uno se n’era andato e l’altro si comportava come un servo, poi il minore è tornato ma il maggiore non riesce a festeggiare, non riesce ad essere figlio. 


Le letture le puoi trovare

qui

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