Vastità. Di larghe vedute, ma di sguardi vicini

di don Francesco Fiorillo e Luca Mauceri

Il testo che segue è stato tratto dal libro Cuore umano di F. Fiorillo pp. 117-125

Abbiamo bisogno di pane, si! Ma anche di fiori! Abbiamo bisogno di concretezza nello straordinario, ma soprattutto di vastità nel quotidiano. L’unica vera promessa, l’unico vero voto da fare in questi tempi duri è il voto di vastità.

La prima volta sentii questo invito in chiesa dalla voce delicata e potente del prete-poeta Angelo Casati, successivamente in teatro dalla straordinaria, profonda ed ironica voce di Alessandro Bergonzoni.

Oggi quel voto di vastità è diventato anche il mio. Un proverbio cinese recita: Vendi uno dei tuoi pani per comprarti un giglio, questo è il coraggio della vastità. 

Allargare la vita a tutto ciò che sembra inutile, apparentemente inutile, logicamente inutile, e varcare la soglia della gratuità, questo è vastità. 

Tutti troppo abituati ad essere efficienti, produttivi, ognuno a caccia di risultati e frutti immediati; pochissimi, invece, danno valore all’inutilità. Si va alla ricerca spasmodica del profitto, pochi, davvero pochi di noi, vanno in cerca di quello che va oltre la stessa vita. La vastità è pura gratuità. E perdersi nell’infinito splendore della vita, senza per forza trovarle un senso, un perché, una spiegazione, ma semplicemente avere uno sguardo vasto sul vasto universo che diventa diverso se respiro vastità.

Con me

Tutti conosciamo la meraviglia della prima volta: il primo bacio, il primo giorno di scuola, il primo abbraccio, la prima volta al mare. Poi ci si abitua. La vastità è non abituarsi, è il miracolo della prima volta che si ripete sempre.

Lo stupore, l’emozione, la pelle d’oca, il rossore sulle guance che si rinnova ogni giorno e ogni notte. 

Per farlo occorre allenare i nostri sensi, per non cadere nella trappola dell’utilità, cioè fare solo quello che ci sembra utile.

Vivere in vastità è recuperare l’inutilità come valore. Frequentare molto di più il desiderio che la sua realizzazione. Spesso viviamo in affanno per raggiungere obiettivi, conquistare mete, progetti, lavori, sovrastrutture, perdendoci il meglio di tutto questo, che è il viaggio, l’attesa, il sogno, la strada. 

Siamo intrappolati nella mentalità della produttività, tu vali solo se produci qualcosa, l’intera visione della vita è economica, nel peggior senso possibile. La nostra è una società dove non c’è spazio per l’oltre, per una nuova visione, perché tutto ciò che è vastità secondo questa logica è inutile, senza utile, quindi da buttare via, da lasciar perdere.

Credo invece che sia arrivato il tempo in cui possiamo ribaltare in noi questa visione e concederci quella serenità cercata e desiderata, partendo dal riconsiderare la gratuità della vita.

Fa’ una promessa a te stesso: vivi la vastità, non accontentarti delle briciole di utile, nutriti di spazi infiniti, di larghe vedute, di aperti pensieri e sogni impossibili.

La vastità con sé stessi, è un esercizio quotidiano a partire dai cinque sensi che il buon Dio ci ha regalato per vivere dentro questa avventura.

Allenare lo sguardo sulle cose, allargare la vista, senza rimanere cieco o curvo sul proprio ombelico. Sperimentare sulla pelle l’esperienza di profondità e di verità della vita, toccare e lasciarsi toccare dalla storia, da quello che accade, fare un bagno di vita vera praticandola, lasciandoci attraversare da essa. 

Annusare l’odore della vita che ci è cosi vicina, da attaccarsi addosso come il sudore, come il profumo dei neonati, come la puzza degli animali, come l’odore distinto di ciascuno che ci rende unici e originali. 

Imparare a gustare la memoria e le prospettive di una vita che si srotola continuamente, proponendoci sapori diversi, saperi nuovi. Allenare il gusto, non accontentandoci della solita minestra e nemmeno della finestra.

Ascoltare, come sanno fare i cani, a chilometri di distanza, riconoscere le parole che fanno bene e le parole nuove dette e ascoltate per la prima volta. 

Ascoltare profondamente la terra, il vento, il mare, le vene e le tue vele. Non lasciamoci catturare dai tetti bassi, fuggiamo i pensieri piccoli, le domande superficiali… cerchiamo la vastità!

Quello che io sogno divento, quello in cui credo invento!

Se io sogno e guardo i cieli sopra di me vivrò nella vastità, ma se continuo a guardarmi le scarpe vivrò nella mediocrità.

Con gli altri

La vastità è un’arma contro la desistenza e il rinunciare. È uno strumento contro le prudenze e le opportunità, ci pone sempre a prendere il largo nella vita degli sconosciuti e di ciò che è lontano da noi. Ecco perché credo che sia la strada perfetta per incontrare gli altri.

Solo chi si mette nella scia della vastità può cogliere la bellezza dell’altro e allargare cuore, mente e mani nel vivere delle relazioni altissime e profonde. 

La vastità è una tensione evolutiva perenne, solo se siamo disposti ad accettare che le relazioni siano in continuo mutamento potremmo godere della forza della vastità; solo se siamo disposti a credere che i rapporti sono come l’eterno movimento della terra e del mare impareremmo a solcare l’onda dell’amore e dell’amicizia.

La vastità con gli altri è sperimentare la fedeltà come un continuo equilibrio, un equilibrio sopra la follia e non come qualcosa di fisso e immutabile.

Se i rapporti non sono capaci di elasticità, di seguire i venti contrari e le onde, al primo terremoto crolleranno. Se invece impariamo ad oscillare dentro la tempesta e ai terremoti che arrivano puntuali nelle nostre relazioni, sapremo respirare la vastità e la bellezza dell’amore.

Pensiamo a come vengono costruiti i palazzi antisismici, con un materiale elastico capace di dondolare e assecondare e saper stare dentro alle scosse di terremoto, e non rigidi e fissi; non cemento che tiene fermo e immobile.

Nelle relazioni bisogna imparare ad allentare la rigidità per dare spazio alla vastità. Avere uno sguardo vasto e ampio sugli altri e non piccolo e mediocre, avere nell’amore la capacità di perdersi e ritrovarsi continuamente, nelle amicizie di rinnovarsi sempre e di non spaventarsi dei cambiamenti.

Nutrire i rapporti di vastità significa fuggire la superficialità e l’ovvio. 

Spesso ci riduciamo a vivere con gli altri solo spazi e tempi di banalità, costringendo le nostre relazioni a chiacchere da bar, a silenzi imbarazzanti interminabili, ad occhi sempre puntati sui nostri schermi, evitando accuratamente di scendere dento la vita e di allargare lo sguardo sulla straordinarietà della

vita e confrontarsi, parlare, condividere quel che conta davvero.

Conosco una sola regola per evitare questo pericolo: girare alla larga!

Allontanarci da chi inquina il nostro cuore, da chi vuole relazioni basse, frequentiamo piuttosto amici e amori dalle larghe vedute e dai pensieri intelligenti ed aperti, frequentiamo chi è disposto sempre a costruire e reinventarsi.

Non abbiate paura di selezionare con chi stare, non accontentatevi delle briciole d’amore, provatelo a fare anche nei confronti della televisione, di internet, delle cose che leggete.

Per riconquistare la vastità con gli altri bisogna concedersi di imparare l’arte della potatura nelle relazioni, per far nascere la vastità tra noi e allontanare la paralisi. 

Non temete le rotture, le spaccature, gli scontri e i conflitti. Amate la goccia che fa traboccare il vaso. 

È nascosto li ogni nuovo inizio!

Con Dio

«Esci dalla tua terra, e va dove io ti condurrò»! (Gn 12,1)

Se dovessi pensare a chi per primo ha vissuto il voto di vastità, senza ombra di dubbio penserei immediatamente ad Abramo. Lui è l’uomo della vastità. Uscire dalla propria terra, dalle proprie certezze, da quello che si crede di saper fare per provare ad essere altro. Da pastore di pecore e capre a discendente di generazioni, più numerose delle stelle.

Questa si che è vastità!

La vastità ti conduce fuori, fuori dai nostri contesti fuori dai nostri giri, fuori dalle nostre cantine. Dio ti conduce fuori.

Si esce per scelta o per costrizione, per desiderio o per bisogno di evasione…qualunque sia il motivo per cui ti trovi fuori. Dio esce con te: segue il cammino, ogni cammino (Luigi Vari, vescovo di Gaeta).

La fede è un’esperienza di uscita, di rottura rispetto alle nostre strette prospettive. Dio è molto più grande di noi, molto più vasto. Nessuno può possedere Dio, nessuno può usare l’aggettivo mio con Dio.

Devo confrontarmi con ciò che è fuori misura, non con quello che so misurare. L’immensità ci dà il senso di Dio. Mettiamo troppi paletti alla nostra fede; andrebbero sradicati, uno ad uno.

Credere in Dio significa che i cieli vasti sopra di me, sono anche dentro di me. Andare oltre le dicotomie, fuori o dentro, sopra o sotto, stare fermo o danzare.

Nella fede del Dio della vastità tutto è Uno. Non c’è ambiguità, non ci sono divorzi nella fede, quando è una fede dal cuore umano. La vastità è propria dei bambini, ingenui, spontanei e creativi. Amo chi ha lo sguardo sempre rivolto alle stelle e poco alle stalle. Come Etty Hillesum, costretta alla stalla di un campo di concentramento, non smette di avere lo sguardo che punta alle stelle.

Per aspera ad astra, chi è capace di credere a questo principio vivrà un Dio sorprendentemente vasto. Vi riporto per esteso un piccolo pezzo dal diario di

Etty Hillesum per respirare vastità: «L’unica sicurezza su come tu ti debba comportare ti può venire dalle sorgenti profonde che zampillano nel profondo di te stessa. E io dico ora con tutta l’umiltà e riconoscenza e sincerità, anche se so bene che tornerò ad essere suscettibile e ribelle: Dio mio ti ringrazio perché mi hai creata così come sono. Ti ringrazio perché talvolta posso essere cosi colma di vastità, quella vastità che poi non è nient’altro che il mio essere ricolma di te. Ti prometto che tutta la mia vita sarà un tendere verso quell’armonia, e anche verso quell’umiltà e vero amore di cui sento la capacità in me stessa, nei momenti migliori» (Etty Hillesum, Diario, 11 luglio 1942).

Noi spesso siamo così stretti da non considerarci capaci. Allargare la nostra visione ci permetterebbe di fare cose impossibili.

La vastità non si fida dei ragionamenti ma va oltre, guarda lontano e si affida ad un Dio che vede più lontano di me, sempre e dovunque.

Signore, anche se ora mi sembra di non avere occhi,

la tua vastità mi concede di vedere.

Signore, anche se non posso ora danzare,

la tua vastità mi fa ballare sotto la pioggia,

senza che aspetti che finisca.

Signore, ora che non ho le braccia,

la tua vastità mi permette di abbracciare il mondo intero.

Signore, anche se zoppicano i miei passi,

la tua vastità mi permette di andare e uscire,

per poi ritornare.

Signore, la vastità dei cieli non riesco a contenerla,

ma provo a stare nella vastità della terra

per avere i tuoi occhi.

2 risposte a "Vastità. Di larghe vedute, ma di sguardi vicini"

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  1. …Credere in Dio significa che i cieli vasti sopra di me sono anche dentro di me…
    Vastità: il cuore non si accontenta di nulla di meno!

    "Mi piace"

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