Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte in disparte, loro soli
In questa seconda domenica di Quaresima la parola di Dio ci invita a sostare sull’evento della Trasfigurazione del Signore. L’incipit del vangelo ci offre immediatamente una direzione precisa: Gesù prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni! Oggi Gesù prende. Ecco la prima parola che oggi è seminato in noi: prendere. Questo prendere è un verbo potente. Nella sua etimologia pre-hendĕre se da una parte significa portare dinnanzi, afferrare, abbracciare, mettere avanti dall’altra porta in sé la parola hendĕre, ossia edera, la pianta che prende, che si attacca al muro. Oggi Gesù con i discepoli fa questo: li afferra, li porta presso a sé per condurli e come un’edera li avvolgerà con la trasfigurazione nella sua Luce. Oggi, Gesù come prende i tre discepoli, così, probabilmente, vorrà prendere ciascuno di noi. Gesù ci vuole prendere con sé, portare da qualche parte in intimità con Lui e con il Padre.
E Gesù prende i discepoli per condurli in disparte e vuole prendere noi. Li prende per portarli in alto, sul monte e vuole portare in alto anche noi con Lui. Gesù prende Pietro, Giacomo e Giovanni e li obbliga al cammino e a fare fatica e vuole anche noi farci godere della sua trasfigurazione che può essere gustata solo se andiamo con Lui in alto, se accettiamo la fatica e nella solitudine perché nessuno può fare questo cammino al posto di un altro. Con Lui, ma soli!
Credo che una domanda sia legittima: lo vogliamo davvero? Desideriamo davvero essere abbracciati – come un edera – dalla luce di Dio, dalla bellezza della Risurrezione?
Se la risposta è sì: allora che Gesù ci prenda, ci afferri al più presto. Facciamo la fatica necessaria per salire, per alzare lo sguardo e il cuore dalle bassezze della vita e respiriamo l’aria buona degli alti monti per essere a nostra volta trasfigurati dall’amore.
Se la risposta è no: lo comprendiamo subito dal nostro cuore, dalla nostra capacità di amare e di accogliere, da come i nostri occhi guardano e giudicano gli altri, dalla nostra lingua che diventa violente.
L’altra parola seminata nel terreno della nostra vita è: bellezza. Afferma Pietro: È bello per noi stare qui. I discepoli che hanno permesso a Gesù di essere presi e portati in alto vivono un’esperienza straordinaria di bellezza. E se c’è una bellezza nella gloria della resurrezione allora deve esserci bellezza anche in noi che per la Grazia del Battesimo, siamo figli risorti del Dio della vita. Una bellezza che dovrebbe, anzi che deve trasparire dal nostro modo di stare nel mondo. Ma dove affonda le radici di questa bellezza della Trasfigurazione, che è un assaggio di risurrezione? La Legge (Mosè) e la Profezia (Elia) conversano con il Vangelo (Gesù) e Pietro vedendo tutto questo canta: che bello!. In questo dialogo trova la sua sorgente l’esperienza della COMUNIONE e la comunione è bellezza. Come sarebbe bello se le persone vedendoci potessero affermare che BELLO, perché la bellezza non è astrazione dell’esistenza, non è una componete cosmetica, non è soggettiva. La vera bellezza è tale se impastata con la carne redenta, se mescolata con la vita di ogni giorno vissuta creando sempre nuove vie di comunione. La bellezza richiama la creatività e l’arte, siamo chiamati a essere artisti della luce dei risorti, artisti della parola che genera la comunione, geni dello splendore della gloria del Cristo risorto che si fa salmodia della speranza sulle labbra di chi è ucciso per amore di Cristo.
Ultima parola, ultimo seme: ascoltatelo! La voce del Padre è chiara: non basta seguire Gesù, non basta andare a messa tutte le domeniche, non basta confessarsi spesso, quello che si deve fare è ASCOLTARLO. Tutti noi che cerchiamo di partecipare all’eucarestia, che proviamo a coltivare un rapporto con Dio nella preghiera personale, possiamo affermare di seguire Gesù ma lo ascoltiamo veramente? Ossia realmente e, quindi, concretamente? Ascoltare la parola di Dio implica farla, da poiein ossia crearla nel quotidiano!
Ascoltare la parola, ascoltare il Figlio chiede un’esistenza esposta per amore di Dio e il prossimo. Se non avviene questo o se almeno non patiamo quando non riusciamo in questo per la nostra debolezza allora non siamo discepoli del Signore. Lo seguiamo perché siamo qui, ma in realtà stiamo facendo altro, stiamo credendo in qualcun altro.
Per la Quaresima ci viene chiesto l’impegno di essere bellezza interiore per la comunità…amore, gioia, umiltà ci aiuteranno e stimoleranno nel cammino da compiere!!!
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